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lo, che indusse i trecento Lacedemoni a perir da forti alle Termopile, unico esempio, e memorando di patria carità; questo rinfrancò il core nel petto al saggio figlio di Sofronisco, allorchè l’avvelenata bevanda all’innocenti sue labbra appressava, e con intrepida faccia e serena, quantunque da’ suoi discepoli piangenti accerchiato, suggellava con alto morire l’incontaminata sua vita; questo infuse ad Attilio l’ardito, e nobile divisamento di preferire i tormenti, che il crudo Africano gli apprestava, a’ teneri amplessi della dolente consorte di sua sciagura presaga, ed alle lagrime degl’ignari pargoletti. Ma desso fu parimente, che armò la destra di Pisistrato contro lui stesso inumana, solo per ridurre a servaggio li suoi concittadini, e gettare sossopra la libera costituzione, che Solone avea data alla sua patria; desso, che, del braccio sagrilego di Erostrato servendosi, slanciò nel tempio d’Efeso le fiaccole distruggitrici, che arsero quella mole più ancor maravigliosa pel stupendo suo magistero, che per la sua enorme grandezza; desso fu finalmente, che istigò Cariolano, Mario, Silla, Cesare, e mill’altri, o a portar l’armi contro la loro patria, o a stringer di ferri servili quegli uominiFonte/commento: Pagina:Saggio sulla felicità.djvu/61, che lo stesso cielo vide a nascere, che ac-


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