Pagina:Saggio sulla felicità.djvu/23


21

Dimostrato essendo, che la virtù o conduce l’uomo alla felicità, o almeno ne scema i suoi mali, mi resta adesso da farti a conoscere quali siensi li mezzi per conseguirla; e per riuscire felicemente al termine di tanto proposto, prenderò ad esaminare le nostre passioni, fonte come di tutte le umane sciagure, così di tutte le magnanime imprese. Per questo vocabolo passione, io intendo quello stato violento, in cui si trova o il nostro corpo, o il nostro animo, cagionato dall’azione di un oggetto qualunque, siasi egli reale, o immaginario. Da questo stato di contrazione ne nasce il bisogno di sottrarvisi, quindi il desiderio, e la speranza di riuscirvi. Le passioni dunque, le cui replicate, e diverse sensazioni appartengono alla classe delle dolorose, sono l’universale principio, che ci determina ad agire, e che ci rende o rispettati, ed amati da’ nostri simili, se le nostre azioni hanno per iscopo l’utile della società in cui viviamo, o da quelli abborriti, e disprezzati, se sono dirette soltanto a recar danno agli amici, a’ parenti, alla patria, a noi stessi. La ragione, che Iddio ci ha accordata per imbrigliare, e regolare queste forze, si reputa virtuosa quand’abbia assai vigore da domarle, e da dirigerle a meta lodevo-


le,