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386 COME VI PIACE


Cor. Se volete assistere ad una vera commedia, seguitemi, e vedrete cosa sia l’amore.

Ros. Partiamo: la vista degli innamorati alimenta quelli che lo sono. Conducine a questo spettacolo: esso mi piacerà assai. (escono)

SCENA V.

Un’altra parte della Foresta.

Entrano Silvio e Febéa.

Sil. Vezzosa Febéa, non disprezzarmi: dimmi che non mi ami, ma non dirmelo con asprezza: il carnefice medesimo, il di cui cuore è indurito dalla vista familiare della morte, non lascia mai cadere la scure sul collo sottomesso alla sua mano, senza prima chieder perdono al paziente: vorreste voi esser più dura dell’uomo che ha per mestiere lo spargere il sangue? (entrano Rosalinda, Celia e Corino in distanza)

Feb. Non voglio essere il tuo carnefice: ti lascio per non offenderti. Tu dici che i miei occhi ti fan molto male, che son tiranni e micidiali, ed io farò sì che tu più non li vegga, onde non n’avessi a infermare.

Sil. Oh mia cara Febéa! se mai doveste un dì provare i fuochi dell’amore, voi saprete allora che le freccie acute di esso possono fare ferite invisibili.

Feb. Ma fino che quel momento non giunga, non venirmi appresso; e quando verrà, scherniscimi, e non avere alcuna pietà di me, come io fino ad ora non n’ebbi di te alcuna.

Ros. (avanzandosi) E perchè, ve ne prego? Da qual madre siete voi nata per insultare così gli infelici? Perchè vi reputate un po’ bella, dovrete essere tanto barbara? A che accennano quegli sguardi? Perchè mi affisate così? Io non veggo nulla di più in voi, che una di quelle opere più comuni della natura. Forse voi vi credevate l’ottava meraviglia? Oh via, donzella, il vostro volto è ben volgare per me, non vale che arrossiate: io in voi non iscorgo nulla di raro. E voi, insensato pastore, perchè la seguite sempre in mezzo alle lagrime e ai sospiri, come il mezzodì nebuloso che soffia i venti e le pioggie? Voi siete mille volte più bell’uomo, che ella non sia leggiadra fanciulla, e l’adulate dicendole che è bella, sicchè è mercè vostra che va tanto superba. Ma, donzella, imparate a meglio conoscervi: inginocchiatevi e ringraziata il Cielo d’aver ottenuta la tenerezza di un onest’uomo: giova che io ve lo dica amichevolmente all’orecchio: vendetevi fin che