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ATTO PRIMO 135


Cl. S’avanza il signor Claudio condotto dal prevosto in prigione: ed evvi anche madonna Giulietta. (escono)

SCENA III.

La stessa.

Entrano il Prevosto1, Claudio, Giulietta ed Ufficiali; Lucio e due Gentiluomini.

Claud. Amico, perchè mi conduci così in mostra? Guidami alla prigione in cui debbo esser posto.

Prev. Quello ch’io faccio, lo faccio per ordine del signor Angelo, e non per darvi molestia.

Claud. Così quella semidiva della terra, che chiamasi autorità, può farne scontare i nostri delitti a tutto rigore; tali sono i decreti del Cielo! Essa abbatte chi le piace, risparmia chi vuole, ed è sempre giusta.

Luc. Ebbene, Claudio? Perchè siete imprigionato?

Claud. Per avere avuta troppa libertà, Lucio, per aver avuta troppa libertà; come l’intemperanza è la madre del digiuno, così una libertà soverchia è divenuta madre della prigionia. Simile ai topi che divorano le vivande avvelenate che gli uccidono, le nostre inclinazioni ci fanno andar dietro ad un bene fatale di cui siamo affamati, e che assaggiato appena ci cagiona la morte.

Luc. Se potessi parlare così saviamente come te fra i ferri, manderei a cercare qualcuno de’ miei creditori; pure mi piace più di esser un idiota in libertà, che un filosofo in ceppi. Qual è il tuo delitto, Claudio?

Claud. Lo raddoppierei rivelandolo.

Luc. Fu un omicidio?

Claud. No.

Luc. Una libidine?

Claud. Chiamala così se vuoi.

Prev. Via, signore, bisogna che andiamo.

Claud. Concedetemi anche una parola, buon amico. — Lucio ascolta. (gli parla in disparte)

Luc. Così potess’io esserti utile. — Sono i falli d’amore puniti tanto aspramente?

Claud. Verso me lo sono: ascolta. In conseguenza di un contratto reciproco e sincero io ho posseduto Giulietta. Voi la cono-

  1. In questo dramma il prevosto compie anche gli uffici di carceriere.