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ATTO QUINTO 123


And. Per l’amor di Dio, un cerusico; e mandate tosto da ser Tobia.

Ol. Che v’è di nuovo?

And. Ei m’ha rotto la testa, ed ha menato anche a ser Tobia: per l’amor di Dio, soccorso: vorrei per quaranta lire essere a casa.

Ol. Chi fece tali malefizii, ser Andrea?

And. Il gentiluomo del conte, Cesario: l’avevam creduto un codardo, ma è un vero diavolo incardinato.

Duc. Il mio paggio, Cesario?

And. Per l’inferno, eccolo qui. — Voi mi rompeste la testa per nulla, e quel ch’io feci, nol feci che incitatovi da ser Tobia.

Viol. Che state voi dicendo? Io non vi feci mai alcun male. Voi sguainaste la spada contro di me senza alcun motivo, ed io vi parlai con dolceasza, e non vi feci nessuna ferita.

And. Se una testa rotta può parlare, essa varrà a provarvi il contrario. Mirate. Ma viene ser Tobia zoppicante; udrete da lui il resto. S’ei non fosse stato preso dal vino, vi avrebbe attagliati gli abiti a dovere, ve ne fo fede. (entra ser Tobia Belch ubbriaco, condotto dal Villico)

Duc. Ebbene, gentiluomo? Come va?

Tob. È tutt’uno; egli mi ha ferito, e così si è concluso. — Pazzo, hai veduto Dick il chirurgo, di’ pazzo?

Vil. Oh, ser Tobia è ubbriaco da più di un’ora; i suoi occhi erano chiusi alle otto del mattino.

Tob. Egli è un furfante. Dopo una ridda, o un minuetto, non v’è nulla ch’io più abborra d’un uomo ubbriaco.

Ol. Conducetelo via. Chi fu che lo trattò sì barbaramente?

And. Vuo’ aiutarvi, ser Tobia, e così saremo fasciati insieme.

Tob. Volete voi aiutare un ciuco e un furfante? un uomo senza cervello? un vero papero?

Ol. Portatelo a letto, e ch’ei sia curato. (escono il Villico ser Tobia e ser Andrea; entra Sebastiano)

Seb. Son dolente, signora, di aver maltrattato il vostro parente, ma fosse egli stato mio fratello, e di meno non avrei potuto fargli. Voi volgete sopra di me uno sguardo così strano che io ben comprendo che siete offesa. Perdonatemi, cara signora, almeno in contemplazione dei giuramenti che ci siam fatti.

Duc. Un medesimo volto, una medesima voce, un medesimo abbigliamento, e due persone! Prodigio strano!

Seb. Antonio, oh mio caro Antonio! Con quale inquietezza, con quanti tormenti ho passate le ore che son trascorse dopo che vi ho perduto!