Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/114


ATTO TERZO 105


Mal. Ricordati di quella che lodò le tue calze.

Ol. Le tue calze?

Mal. E che desiderò di vederti colle giarrettiere dorate...

Ol. Colle giarrettiere dorate?

Mal. Va, la tua fortuna è fatta, se tu lo vuoi...

Ol. Si beffa egli di me?

Mal. Se no, io non vedrò altro in te che uno de’ miei servitori.

Ol. Questa si chiama veramente pazzia. (entra un domestico)

Dom. Signora, il giovine gentiluomo del conte Orsino è ritornato, e a fatica potei indurlo a ciò: egli aspetta i comandi di Vostra Signoria.

Ol. Verrò da lui. (esce il Dom.) Cara Maria, abbi cura di quest’uomo. Dov’è mio zio? Tenetelo di vista, perchè non vorrei che gli accadesse qualche disgrazia. (esce con Mar.)

Mal. Oh, oh, mi vengano vicino ora: ser Tobia starà con me: ciò s’accorda perfettamente colla lettera: essa me lo manda coll’intenzione ch’io lo tratti cavallerescamente: seguirò i precetti del suo foglio: scuoti la tua umile polvere, mi disse ella, comportati alteramente coi miei domestici, e con mio zio: la tua lingua s’intrattenga dei più alti negozii di Stato, e assuma interamente a contegno di un uomo al disopra del vulgo. E poscia ella mi accenna che mostrar debbo un viso grave, un portamento angusto, una pronunzia lenta e solenne, come tutti gli uomini di polso. L’ho presa nelle mie fila, ma fu opera di Giove, ed è Giove che mi ispira la riconoscenza! Dianzi ancora, quando mi lasciò abbi cura di quest’uomo, disse ella. Uomo, non Malvolio, perchè difatto solo adesso son divenuto uomo. Così dunque tutto concorre, tutto si lega, e non vi è più nulla che possa lasciarmi in incertitudine. Che dire a ciò? Qual ostacolo possibile fra me e le mie fulgide speranze? Ma fu Giove, non io, l’autore della mia fortuna, ed io debbo ringraziarlo. (rientra Maria con ser Tobia Belch e Fabiano)

Tob. In nome della santità, che strada ha egli presa? Se anche tutti i diavoli dell’inferno si fossero fatti piccini per entrar nel suo corpo, e posseduto ei fosse da un’intera legione di loro, io gli parlerei.

Fab. Eccolo, eccolo. — Come va, signore? come va, amico?

Mal. Allontanatevi, io vi ripudio, lasciatemi godere i miei pensieri.

Mar. Udite come lo spirito maligno parla al di dentro di esso con voce sepolcrale. Non ve l’avevo io detto? Ser Tobia, madonna vi prega ad aver cura di lui.