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92 LA DODICESIMA NOTTE O QUEL CHE VORRETE


SCENA VI.

Il giardino di Olivia.

Entrano ser Tobia Belch, ser Andrea Maldigota e Fabiano.

Tob. Va per la tua via, signor Fabiano...

Fab. V’andrò, e se perdo un solo scrupolo di questo sollazzo vuo’ essere corroso, fino a morir di malinconia.

Tob. Non saresti lieto di vedere quel furfante a patire qualche grave cruccio?

Fab. Ne salterei di gioia: voi sapete che ei mi fece perdere il favore della mia signora nell’occasione di quel combattimento di orsi.

Tob. Per metterlo in furore, riporremo gli orsi in campo, e lo vedremo per ira divenire di tutti i colori: non è vero che faremo così, ser Andrea?

And. Se nol facessimo, meriteremmo la morte.

Tob. S’avanza il piccolo serpe. (entra Maria) Come va, mia ortica d’India?

Mar. Nascondetevi fra quei cespugli; Malvolio sta per venire; lo trovai al sole mentre notava il proprio portamento nella ombra che disegnava: nascondetevi ed osservatelo, se volete ridere, perchè son sicura che questa lettera farà di lui un vero idiota. Andate, (gli uomini si nascondono) Tu sta qui (gettando per terra la lettera) perchè veggo venir la trota che dobbiamo prendere col solletico. (esce; entra Malvolio)

Mal. Tutto è caso: non vi è che fortuna e sfortuna in questo mondo. Maria mi disse una volta che la sua signora aveva qual che inclinazione per me, ed ella stessa mi soggiunse, che se mai avesse dovuto innamorarsi, invaghita solo si sarebbe di un uomo del mio aspetto. Di più, la prima mi usa molti riguardi, che oramai non so come interpretare.

Tob. Quel furfante è presuntuoso.

Fab. I suoi orgogliosi pensieri lo rendono alquanto ridicolo. Com’ei fa pompa della sua vana piuma!

And. Per questa luce, darò la mala notte a quel malandrino.

Tob. Tacete.

Mal. Essere il conte Malvolio...

Tob. Ah maledetto!

And. Un colpo di pistola nella gola.