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ATTO SECONDO 167

viene che tu cada (così non mai lo voglia Iddio), Eduardo ancora cadrà.

War. Voi non siete più conte della Marca, ma duca di York. Il titolo che consegue a questo è quello di re d’Inghilterra. Voi sarete acclamato re in tutte le città per cui passeremo: e chiunque non saluterà il vostro arrivo con segni di gioia, sconterà con la testa la offesa. Re Eduardo, Riccardo, egregio Montagne, non restiamo più a lungo qui a sognare di gloria: squillino le trombe e Teliamo all’ufficio nostro.

Ricc. Fosse il tuo cuore, Clifford, duro come l’acciaio (e le tue opere han dimostrato che tale sia), io vengo per trafiggertelo, darti il mio.

Ed. Battete, tamburi: Dio e San Giorgio siano per noi!

(entra un Messaggiere)

War. Ebbene? Quali novelle?

Mess. Il duca di Norfolk vi fa assapere che la regina si avanza con poderoso esercito: ei desidera vedervi per conferire con voi.

War. Questo volevamo: prodi guerrieri, innanzi. (escono)

SCENA II.

Dinanzi a York.

Entrano il re Enrico, la regina Margherita, il Principe di Galles, Clifford, e Northumberland cogli eserciti.

Mar. Ben giunto, milord, a questa illustre città di York. Là è la testa di quel vostro mortal nemico che cercava di adornarsi colla vostra corona. Tale vista non ispira gioia al vostro cuore, milord?

Enr. Come quella di uno scoglio ne ispira al marinaio che teme il naufragio. Quel tristo aspetto affligge la mia anima. Rattieni la tua vendetta, giusto Iddio! Io non sono colpevole; consentito io non ho a violare il mio giuramento.

Cliff. Mio grazioso sovrano, mestieri è deporre tanta mansuetudine, pietà sì pericolosa. Il leone non serba i suoi dolci sguardi alla belva feroce che invader vuole il suo antro: l’orso non lambisce la mano del cacciatore che gli fura i suoi nati. L’uomo che calpesta il serpente non si sottrae al suo dardo: il più vil rettile si volge contro colui che lo schiaccia, e fin la dolce colomba arma il suo becco di collera per difendere gl’implumi suoi. L’ambizioso York aspirava alla vostra corona, voi avevate la bontà di sorridergli anche allora ch’ei corrugava