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ATTO QUARTO 273


SCENA IV.

Westminster. — Una stanza nella reggia.

Entrano il re Enrico, il Duca di Clarenza, il principe Humfrey, Warwick ed altri.

Enr. Ora, miei lórdi, se il Cielo dà un felice esito alla sanguinosa contesa che infierisce alle nostre porte, noi condurremo la gioventù di questo regno in pianure più illustri, e non sguaineremo più la spada, che per causa benedetta e santa. La nostra flotta è apparecchiata, le nostre schiere raccolte, i luogotenenti, che debbono reggere in nostra assenza, sono scelti e nominati, e tutto risponde ai nostri desiderii: abbiamo bisogno soltanto di trovare noi stessi maggior forza e salute, e aspetteremo che i ribelli, ora armati, siano rientrati sotto il giogo dell’obbedienza.

War. Non dubitate di non ottener in breve questo doppio vantaggio.

Enr. Humfrey, mio figlio di Glocester, dov’è il prìncipe vostro fratello?

Humf. Credo sia ito a caccia, milord, a Windsor.

Enr. Con chi?

Humf. Nol so, milord.

Enr. Non v’è suo fratello, Tommaso di Clarenza, con lui?

Humf. No, mio buon lord, egli è qui presente.

Clar. Che desidera il mio signore e padre?

Enr. Nulla, fuorchè il tuo bene, Clarenza. Or come non sei tu col principe tuo fratello? Egli ti ama, Clarenza, e tu lo negligi. Tu occupi nel suo cuore il primo posto, a preferenza de’ tuoi fratelli: coltiva la sua affezione, mio figlio; e quando sarò morto, potrai rendere generosi servigli ai germani tuoi, servendo da mediatore fra lui ed essi. Nol lasciare: non fare che si raffreddi il suo amore; nè sperdere la sua bontà, mostrandoti ad essa indifferente. Egli è buono e riconoscente, allorchè lo si stima; ha una lagrima per le ambascie, e una mano benefica come il giorno agli attestati della tenerezza. Ma allorchè viene irritato, il suo cuore è di marmo: i suoi spiriti vanno soggetti a tempeste come l’inverno, e le sue passioni si scatenano simili ai venti del nord. Mestieri è perciò lo studiare il suo carattere. Quando lo vedrai prodi ve alla giovialità, fallo accorto de’ suoi difetti con molte cautele; ma se turbato e malcontento lo vedi, allenta la fune a lascialo