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ATTO SECONDO



SCENA I.


Londra. — Una strada.

Entra l’Ostessa; Fang e il suo valletto vengono con lei;
Snare li segue.

Ost. Ebbene, messer Fang, avete posto ordine alla cosa?

Fang. Sì.

Ost. Dev’è il vostro uomo? È egli robusto? Sarà fermo?

Fang. Garzone, dov’è Snare?

Ost. Oh Cielo, sì: il buon Snare.

Snar. Eccolo, eccolo.

Fag. Snare, bisogna che arrestiamo sir Giovanni Falstaff.

Ost. Sì, buon Snare, bisogna farlo.

Snar. Potrebbe costar la vita a qualcuno di noi; perchè egli giocherà col pugnale.

Ost. Oh buon Dio! attendete a lui; ei mi ha ferita in casa mia e nella maniera più crudele del mondo. Snudato ch’abbia il ferro, non pensa al luogo in cui lo vibra; come un demonio trova ad esso un fodero per tutto, non risparmiando nè uomini, nè donne, nè fanciulli.

Fang. Ah! se lo posso ghermire, non attenderò ai suoi colpi.

Ost. Nè io tampoco. Vi starò accanto e vi darò mano.

Fang. Se lo posso afferrare, se giungo a stringerlo fra queste tanaglie...

Ost. La sua partenza mi rovina; vi giuro ch’ei tien discorsi sul mio conto che mi disonorano. Mio caro Fang, impugnatelo ben stretto! Amabile Snare, non vel lasciate sfuggire. Egli viene spesso a Pye-Corner per comprarvi selle, e invitato è a pranzo al leopardo di monsieur Dougs, mercante di seta, nella strada dei Lombardi. Vi prego dunque, poichè le mie cose sono a dovere, e il fatto è conosciuto da tutti, di costringerlo a soddisfarmi. Cento marchi! è un peso enorme per una povera vedova; e nondimeno ho avuta molta e molta pazienza! Fui abbindolata da un giorno all’altro, in maniera turpe: non v’è nè onore, nè probità in tale procedimento, a meno che non si consideri una donna come un animale, buona a servir di trastullo a tutti i malandrini