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224 ENRICO IV

che la persona da cui esciva sembrava essere attaccata da più malattie ch’ei stesso non imaginava.

Fal. Gli uomini di tutte le specie si fanno una gloria in dir male di me. Il cervello della pazza bestia, che si chiama uomo, non è atto ad inventar nulla di piacevole, fuor di quello che invento io stesso, o che s’inventa sul mio conto. Non solo son faceto, ma sono ancora cagione di tutte le arguzie che possono dir gli altri. — Marciando dinanzi a te (al paggio) somiglio a una troia che ha uccisi tutti i suoi piccoli, fuori di uno che la segue. Se il principe, mettendoti a’ miei stipendii, ha avuta altra intenzione tranne quella di farti servire in contrapposto a me, confesso ch’io non ho dramma di giudizio. Tu piccolo automa, aborto d’una meretrice, tu splenderesti meglio in forma di bottone sul mio cappello, che azzimato da valletto seguendo i miei talloni. In fede, fin qui non avevo avuto l’onore di portare un’amatista. Ma tu potresti servirmi d’anello, sebbene non ti facessi legar nè in oro, nè in argento, ma avvilupparti soltanto in pessime bende, fra cui ti manderei, quasi gioiello, al tuo signore, a quel miserabile garzone, a quel povero principe, il di cui mento nudo non è adorno della più lieve lanuggine; e credo vedrò spuntare prima la barba sulla palma della mia mano, di quello che un pelo sulle sue gote. Nondimeno ei non arrossisce di dire che il suo volto è un volto da re. Il buon Dio voglia porci la mano per finirgli quel volto allorchè gli piacerà. In fino ad ora esso non ha perduto nulla sotto il rasoio, e può serbar la sua effigie per l’impressione delle monete; perocchè giuro che non farà mai guadagnar sei soldi ad un barbiere, quantunque chi la porta la faccia da gallo come se da venti anni fosse già uomo, cioè a dire dal tempo che suo padre era un garzoncello. Sull’onor mio, si tenga le sue grazie, e il suo merito; per me l’assicuro che gli ho tolte le mie. — E che disse messer Dumbleton della seta che gli ho dimandata per farmi un mantello, e le calze alla marinala?

Pag. Disse, signore, che convien gli diate miglior cauzione che non è Bardolfo: ei non la vuole; le sicurtà non gli piacciono.

Fal. Vada dannato come un ghiottone! Gli sia arroventata la lingua! Scellerato, indegno Achitofele! miserabile abbietto che tiene un cavaliere col becco in acqua, e gli ciancia di cauzioni! Coteste ignobili teste calve non portano più che scarpe coi talloni alti, e fasci di chiavi al cinto; talchè se un valentuomo si presenta per chieder le loro merci, gli sciagurati si trincerano entro le loro sicurtà. Preferirei mi mettessero veleno da topi in bocca primachè venirmi a parlare di sicurtà. Credeva mi man-