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atto quarto 193


Chir. Essa non vivrà.

Aar. Non morrà anzi.

Nut. Forz’è che muoia, Aaron: sua madre lo vuole.

Aar. È ciò indispensabile, nutrice? Allora niun altro fuor di me si attenti ad offendere la mia carne e il mio sangue.

Dem. Infilzerò il piccolo rospo colla punta della mia daga; nutrice, dammelo; la mia spada in breve ce ne libererà.

Aar. Questo ferro prima (prendendo il bambino e sguainando la spada) ti avrebbe ricercate le viscere. Fermati, scellerato! Vuoi tu uccider tuo fratello? Per le stelle del firmamento che tramandavano tanto splendore, allorchè questo lattante fu ingenerato, morrà della mia sciabola colui che oserà toccare il fanciullo, mio primogenito ed erede! Io vi dico, insensati, che Encelado stesso con tutta la schiera minacciosa dei figli di Tifone, o il grande Alcide, o il Dio della guerra non potrebbero divellere questo fanciullo dalle mani di suo padre. Che! giovani presuntuosi e crudeli, lividi volti, sembianze deformi! il nero è al disopra di ogni altro colore, perocchè ogni altro colore respinge da sè. Tutta l’acqua dell’Oceano non potrebbe imbiancare le nere gambe del cigno, quando anche ei le lavasse ad ogni istante in quei flutti. Dite all’imperatrice per me, che serbar voglio quello che mi appartiene; ed essa si rassegni a tale sentenza.

Dem. Vuoi tu dunque tradire così la tua nobile signora?

Aar. La mia signora non è che la mia signora; e questo fanciullo è me stesso, il vigore e il ritratto della mia gioventù, e lo antepongo all’intero mondo. In onta del mondo intero conserverò i suoi giorni, o qualcuno di voi ne porterà la pena.

Dem. Con ciò nostra madre è per sempre disonorata.

Chir. Roma la spregierà per sì enorme fallo.

Nut. L’imperatore sdegnato la condannerà a morte.

Chir. Arrossisco pensando a tanta ignominia.

Aar. Tale è dunque il privilegio del vostro bel colore? Sciagura a quella tinta traditrice che rivela col rossore i sensi più intimi dell’anima! Questo fanciullo è conformato ad un altro tipo. Mirate com’ei sorride a suo padre, e sembra dirgli: «mio vecchio padre, a te io appartengo». Egli è vostro fratello, signori; nudrito del medesimo sangue che vi ha data la vita, e cresciuto nel seno stesso in cui siete stati generati. Sì, egli è vostro fratello, e dal lato più sicuro, sebbene il mio suggello stia impresso sulla sua faccia.

Nut. Aaron, che dirò io all’imperatrice?

Dem. Pensa Aaron, a quello che è da farsi, e noi ci rassegne-