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atto primo 165


Sat. Dovrò io, signora, vedermi oltraggiato pubblicamente, e dovrò ciò vilmente soffrire senza volerne vendetta?

Tam. Oh no, no; gli Dei di Roma mi preservino dal consigliarvi mai il disonore! Ma io protesto dell’innocenza dell’illustre Tito in quello che è accaduto; e il suo furore, ch’ei non ha dissimulato, attesta il dolor suo. Degnatevi dunque a mia inchiesta rivolgere su di lui un’occhio pio, e non perdete, per un sospetto ingiusto, un sì sincero amico; non contristate coi vostri sguardi pieni di sdegno il suo cuor generoso. — (a parte) Signore, lasciatevi condurre da me, lasciatevi vincere; dissimulate ogni vostro cruccio; voi non siete che da poco posto sul trono; temete che il popolo ed i patrizi, dopo più maturo esame, non adottino le parti di Tito e non vi atterrino, sdegnati della vostra ingratitudine, delitto che Roma mette fra i più odiosi. Cedete alle loro preci e lasciate a me la cura dell’avvenire; io troverò il giorno per ucciderli tutti, per spegnere sulla terra la loro famiglia, e quel padre barbaro, e quei figli indegni a cui indarno chiesi la vita del figliuol mio: io farò loro conoscere in quel dì cosa costi al cuore d’una regina l’umiliarsi inginocchiata per le strade chiedendo invano mercè. — (ad alta voce) Su, via, diletto imperatore. — Avvicinatevi, Andronico. — Saturnino, riponete, nella vostra stima questo virtuoso vecchio, e consolate il suo cuore oppresso dalle minaccie della vostra fronte sdegnosa.

Sat. Alzatevi, Tito, alzatevi; la mia imperatrice ha prevalso.

Tit. Ringrazio Vostra Maestà e lei, signore: queste parole, questi sguardi infondono in me nuova vita.

Tam. Tito, io fo parte dell’impero di Roma; io sono ora Romana per una lieta adozione, e il mio dovere mi impone di vigilare sul bene dell’imperatore. Ogni contesa cessa in questo dì, Andronico. — Io vuo’ l’onore, mio imperatore, di avervi riconciliato coi vostri amici. — Quanto a voi, principe Bassanio, ho dato la mia parola, che diverreste più dolce e più mansueto. — Dissipate quindi ogni tema, signori: e voi pure, Lavinia: guidati dai miei consigli, voi dovete tutti umilmente inginocchiarvi e chieder perdono a Sua Maestà.

Luc. Così facciamo; e prendiamo il Cielo e Sua Maestà a testimoni, che abbiamo posto nella nostra condotta tutta la moderazione che potemmo, difendendo l’onore della nostra sorella e di noi.

Mar. Fo fede della medesima cosa coll’onor mio.

Sat. Ritiratevi, e non m’infestate oltre...

Tam. No, no, dolce imperatore, dobbiamo essere tutti amici.