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Non farò che una riflessione sull’orditura generale del dramma. Shakspeare ha lasciato l’istoria di Lear e delle sue figlie tal quale gli fu trasmessa da una vecchia tradizione, e non vi ha alterato nessuno dei particolari che caratterizzano la semplicità de’ tempi antichi; ma questa tradizione non conteneva nulla che si riferisse a Glocester ed a’ suoi figli. Shakspeare tolse un tale aneddoto da un altro poeta, e gli piacque d’inserirlo nel suo soggetto. Quell’episodio fu biasimato come contrario all’unità d’azione. Nondimeno v’è sempre unità quando le parti tutte contribuiscono all’intreccio ed allo scioglimento generale; e ingegnosissimo è l’artificio col quale questi due rami principali della composizione s’intessono. L’affezione di Glocester per l’infelice re Lear dà modo a suo figlio Edmondo di compier la sua rovina; e in conseguenza di quella medesima affezione, Edgardo, il figlio scacciato, diventa il liberatore di suo padre. D’altra parte Edmondo sostiene con ardore la causa di Regana e di Gonerilla; e la colpevole passione che egli inspira loro, è ciò che le trascina entrambe alla morte che hanno meritata. Dal che si vede che le condizioni essenziali di un’opera drammatica sono osservate in questo componimento; ma ciò è il minor pregio in un lavoro come questo ridondante di bellezze. La sostanza di quelle due situazioni è assai somigliante; è sempre un padre che mal conosce il miglior de’ suoi figli; sono sempre figli ingiustamente preferiti, che ricompensano il padre loro colla distruzione d’ogni sua felicità. Ma pure accanto ad una tale somiglianza generale hannovi circostanze particolari così diverse, che queste due dipinture, le quali agiscono egualmente sul cuore, formano un perfetto contrasto per l’immaginazione. Se il solo Lear fosse caduto in miseria pei suoi figliuoli, l’impressione, benchè tale da lacerar l’anima, sarebbe stata quella che deriva da un infortunio particolare; ma l’unione di due esempi così inauditi si offre come un sovvertimento dell’ordine universale, il quadro diventa immenso, e cagiona quel genere di terrore, che proveremmo se le sfere celesti uscissero dalla loro orbita.

Per salvare in qualche modo l’onore della natura umana, Shakspeare tiene presente ognora all’animo degli spettatori, che tali avvenimenti succedono in un secolo di barbarie; e benchè non accordi con bastevole dottrina tutte le circostanze del dramma col tempo ad esso indicato, cerca non pertanto di far capire che gli inglesi, che pone in scena, erano ancora pagani. È sotto questo aspetto che bisogna giudicare le espressioni e i costumi che sembrano d’una estrema rozzezza: come per esempio, il modo disdicevole con cui Glocester riconosce il figlio suo naturale, e la crudeltà che usa lo stesso duca di Cornovaglia contro Glocester. Tutto, fino alla virtù del prode Kent, porta in sè l’impronta di quei tempi di ferocia. Shakspeare non ha cercato d’ornare il re di qualità inutili; il suo stato lo rendeva così degno di compassione, che ben si poteva confessare ciò ch’egli aveva fatto per attirar sopra di sè tante sciagure. Lear è irascibile e imperioso; dà segno d’esser già affralito d’intelletto quando sbandisce la più giovane delle sue figlie, perchè ricusa d’imitare le amplificazioni ipocrite delle sue sorelle. Ma in onta di tutti quei difetti, egli ha un cuore sensibile e capace della più viva riconoscenza; e si vedono ancora tralucere concetti degni di un re dall’offuscamento della sua ragione. Non oso parlar di Cordelia, e delle