Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, III-IV.djvu/100


atto quinto 89

tuo, che altro non sei che un abbominevole traditore, spergiuro verso gli Dei, verso tuo fratello, verso tuo padre, cospiratore contro la vita di questo illustre principe. Te lo ridico e lo giuro: dalla cima del tuo capo fino a’ piedi tuoi, fino alla polvere che calpestano i tuoi piedi, altro non sei che un tenebroso e vile traditore. Se negarlo osi, la mia spada e il mio braccio ti proveranno che da vile menti.

Edm. Saviamente adoprando, dovrei chiederti il tuo nome; ma poichè il tuo esteriore e il tuo sguardo guerriero sembrano indicare illustri natali, disprezzerò ogni formola che potesse prescrivere la mia sicurezza o le leggi della cavalleria, e rigetterò sul tuo capo l’infame nota che mi hai apposta. Il tuo sangue versata dalla mia spada espierà la tua menzogna infernale. Già i nostri ferri scintillano, e lievemente si sfiorano... Suonate, trombe.

(allarme; combattono, e Edmondo cade)

Alb. (a Gon.) Ora salvalo! salvalo!

Gon. Iniqua trama è questa. Glocester, colle leggi di guerra tu non eri tenuto a rispondere ad un avversario ignoto: vinto non sei; solo schernito e ingannato.

Alb. Tacete, madonna, o con questo foglio vi chiuderò la bocca... — Osservate, signore... Tu, la più malvagia delle femmine, leggi le tue colpe... Non lacerarlo: veggo bene che lo riconosci.     (dando il foglio a Edmondo)

Gon. Quand’anche ciò fosse, le leggi stanno in mio favore, non in tuo. Chi ha diritto d’accusarmi?

Alb. Mostro spietato! conosci tu quel foglio?

Gon. Non mi chiedete quel ch’io conosca.     (esce)

Alb. Seguitela; ell’è disperata; vegliate su di lei.

(ad un uffiziale, che le va dietro)

Edm. Tutto che m’avete imputato, io l’ho commesso; e molta anche di più. — Il tempo svelerà ogni arcano... Cose, com’io, passate sono... Ma chi sei tu, cui fortuna concesse su di me la vittoria? Se sei un nobile, io ti perdono.

Edg. Vuo’ esserti pietoso. Il mio sangue non è meno illustro del tuo, Edmondo; e se di più lo è, di più tu m’oltraggiasti. Il mio nome è Edgardo, e tuo padre mi diè la vita. Gli Dei sono giusti, e fanno delle colpe, che ne son care, il nostro castigo: il delitto tenebroso che ti mise in luce, costò gli occhi allo sfortunato che lo compiè.

Edm. Hai detto il vero; me ne avveggo: la ruota della fortuna ha terminato il suo corso, ed io son qui.

Alb. Ravvisato io ben avea nel tuo portamento (a Edg.) una