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344 otello


Ot. Assai?

Desd. Mio signore!

Ot. Sono contento di vedervi demente.

Desd. Che dite, mio Otello!

Ot. Demonio!     (le dà una guanciata)

Desd. Non l’ho meritato.

Lod. Signore, ciò non si crederebbe in Venezia, quand’anche io giurassi d’averlo veduto. È troppo, è troppo: consolatela almeno; essa piange.

Ot. Oh! demonio! demonio! Se la terra potesse esser fecondata dalle lagrime di una donna, ognuna di queste genererebbe un serpente. — Lungi da me!...

Desd. Non istarò per offendervi.     (andandosene)

Lod. In verità è una sposa molto sommessa... Richiamatela, Generale; ve ne scongiuro.

Ot. Signora!....

Desd. Mio sposo!...

Ot. Che volete da lei, signore?

Lod. Io, Generale?

Ot. Sì, voi desideraste che la richiamassi; ed ella può andare e tornare, come meglio le talenta... Può anche piangere, signore, piangere ad agio suo; ed è, come dite, sommessa... sommessa... sommessa... Continuate a lagrimare... In quanto a questa lettera, signore... A meraviglia pingete le passioni... Sono richiamato a Venezia... Uscite: fra poco sarò con voi... Signore, obbedisco agli ordini... tornerò a Venezia... Lungi di qui una volta!... (Desdemona esce)... E Cassio avrà il mio ufficio... Stasera vi attendo... voi siate il benvenuto... Corruzione! corruzione!     (esce)

Lod. È questo il nobile Moro, di cui suona così alta la fama? è questo l’uomo, cui le passioni non possono vincere, e che affrontar sa impavido ogni più crudele sciagura?

Jago. Egli è fuor di modo cangiato.

Lod. La sua mente è illesa? va egli soggetto a simili accessi?

Jago. Egli è quello che è: io non vo’ sparlare di lui. Quel che esser potrebbe... se non è tale... pregherei il Cielo che lo fosse.

Lod. Come? percuoter sua moglie?

Jago. In verità ciò è male; e nondimeno ho ferma credenza che quell’atto villano sarà stato il maggiore de’ suoi eccessi.

Lod. È forse abito in lui? o le lettere del Senato eccitarono tanto la sua collera?