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gurato tutto ciò che la religione, la filosofia e la coltura di quell’epoca prediligevano. Vediamo l’effigie di S. Giorgio a cavallo e seduto, le virtìi, la giustizia, un filosofo che legge, la leggenda di Androclo, la favola del lupo monaco, ma ciò che principalmente interessa a noi ed all’autore della nostra memoria, sono le teste degli imperatori copiate dalle monete romane ed una certa fisonomia classica che aleggia nel pensiero e nel disegno e indica il tempo in cui nasceva e si maturava il germe del rinascimento.

Il sig. Schlosser non crede che sia opera del caso una sì grande affinità quale è quella che esiste fra le medaglie carraresi e le tessere dei Sesto, tanto nel sentimento artistico, quanto in taluni notevoli particolari, ne può trattenersi dall’arrischiare una ipotesi evitata dal prudente Friedländer, volendo attribuire le medaglie padovane ad uno dei Sesto e precisamente a Marco, che, nominato intagliatore dei coni alla zecca nel 1394, aveva lavorato la tessera colla testa di Galba nel 1393. In tal caso questo pezzo e quello di suo fratello Lorenzo sarebbero quasi studi per le medaglie dei Carraresi. Come orefici, i Sesto erano molto stimati nel Veneto e nel Friuli e da ogni parte si ricorreva ad essi per reliquari ed altri oggetti di oreficeria artistica; forse nel momento in cui Francesco Novello rientrava nella Signoria di Padova, avrebbe potuto la Repubblica permettere al suo maestro di zecca di onorare il valoroso cavaliere carrarese, che in quel momento era in buoni rapporti con Venezia.

Così pensa lo Schlosser, ma noi veneziani, che conosciamo la cura gelosa con cui la Repubblica vigilava sulla zecca, ed i rapporti che fra Venezia ed i Carraresi furono sempre poco cordiali, siamo assai renitenti ad ammettere che il Sesto sia stato chiamato a Padova, o che Francesco Novello abbia fatto lavorare le sue medaglie nella zecca di Venezia. Ciò non corrisponde nemmeno all’opinione che abbiamo del carattere e del sentimento dell’ultimo Signore di Padova.

A noi pare che le tessere dei Sesto e le medaghe carraresi abbiano fra loro comuni soprattutto quei caratteri, che dipendono dall’essere state lavorate nello stesso paese e nello stesso tempo, come sarebbero le lettere gotiche, le cifre arabiche e principalmente la stessa influenza dello studio delle