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150 francesco gnecchi

fuso dopo l’esecrabile furto del 1831, medaglione che certamente fu coniato a Costantinopoli1.

Ora ecco che alla fine del quinto secolo o all’aprirsi del sesto, ne compare uno nuovo, splendido e inaspettato, che, solitario in mezzo alla generale decadenza, ci offre un superbo saggio dell’arte bizantina, tale che nessuna moneta tra le innumerevoli di quella serie abbondantissima può reggere al confronto, perchè nessuna di esse sorpassa la misura comune e l’arte volgare.

Unico come medaglione italiano, di quest’epoca, ed ultimo, che ne chiude per ora, e, salvo nuove e poco probabili scoperte, definitivamente la serie, esso è anche la sola moneta e il solo monumento, che ci presenti il nome e il ritratto del grande Teoderico, anzi è l’unico esempio d’una moneta d’oro coniata in Italia coll’effigie d’un re goto. E non sarebbe fuori d’ogni probabilità che essa avesse servito d’esempio e di stimolo a Teodeberto Re dei Franchi, il quale circa mezzo secolo più tardi, (dopo il 536), osava scuotere definitivamente il giogo imperiale e, abbandonando la vecchia tradizione, incominciava a coniare la moneta d’oro colla propria effigie.

Per quanto poi la serie delle monete, che prendono il nome di Zecche Italiane, si soglia incominciare assai più tardi, è però da quest’epoca che essa deve riconoscere la sua origine, giacchè fu lo sfasciamento del romano impero, che diede la vita ai nuovi

  1. Eccone la descrizione che ne dà il Mionnet:

    Dr. — D . N . IVSTINIANVS PP AVG. Busto di fronte coll’elmo e il nimbo, armato di lancia e scudo.
    Rov. — SALVS ET GLORIA ROMANORVM. L’imperatore a cavallo, a destra, coll’elmo e il nimbo, in armatura, preceduto dalla Vittoria che porta un trofeo. Nel campo una stella. All’esergo CONOB.