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la cavalleria in africa 33


Senonchè, tornando indietro di qualche anno, chiudeva, accennando ad un’altra circostanza nella quale la cavalleria in Africa rese segnalati servigi, d’ordine più elevato, al governo dell’Eritrea, infondendo fra le tribù, anche oltre i confini, il desiderio e la speranza della protezione italiana.

L’antico «squadrone esploratori» agli ordini del maggiore Toselli, allora capitano di stato maggiore, in occasione della marcia del generale Orero su Adua, mentre in questa città italiani e tigrini il 20 gennaio 1890 commemoravano i morti e l’anniversario di Dogali «sventava nello Zungy la vigilanza dei sotto-capi di Alula, e portava il nome italiano alle falde del Gheralta, irradiando le sue punte fino a Makallè».

Sono queste parole del povero maggiore Toselli nella sua Pro Africa d’un Eritreo pag. 45-46.

Che se questo squadrone indigeno, o pochi cavalieri soltanto, su muletti abissini, avessero sei anni dopo calpestato di nuovo, spingendosi fino ad Amba-Alagi, quei difficili sentieri, inerpicantisi per gli anfratti delle ambe, e i burroni, questo prode soldato avrebbe potuto raccogliere i frutti da lui seminati nella sua assidua, ed intelligente preparazione, e dalla nostra arma avrebbe almeno riscosso in premio la sua salvezza.


V.


Dal succinto esame dei combattimenti, dai rapporti ufficiali, e da quanto la stampa in genere ha scritto, in questa guerra si ha sovratutto da deplorare la deficienza del servizio d’informazioni, e di una celere corrispondenza tra i reparti isolati: principali missioni della cavalleria nelle guerre moderne. Noi ci siamo spinti fin nel cuore dell’Abissinia, con una guerra offensiva, senza un solo uomo di cavalleria.

Si è detto che a questo servizio bastavano gli ascari, ma oltre alla dubbia fedeltà loro, essi non ponno avere nè la resistenza nè la velocità d’un cavallo, nè di un muletto.

Le obbiezioni circa le difficoltà del terreno cadono, come abbiamo visto, davanti al fatto che i galla e i baggàra lo per-