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XXII

come principale e valido ajuto della civiltà e della eloquenza dei liberi ingegni, coltivò con affettuoso e nobile desiderio per tutta la vita, quanto gli consentirono l’esercizio della giurisprudenza e le sventure comuni alla più parte dei migliori Italiani. Ma sopratutto fino dalla giovinezza fu preso d’amore per lo sacrosanto poema di Dante: «divino libro (válgomi un tratto delle parole di un sommo scrittore1) che incuora tanto amore verso la madre Italia, e santissimo sdegno contra gli esterni e contra gl’interni suoi nemici; e ch’è veramente il sacro libro che tutti dovremmo devotamente imparare a memoria.» La qual cosa, a mio senno, torna

  1. Pietro Giordani; e chi l’ha per male scingasi.