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162 iii - i rimatori pisani

15che d’allegrezze, di gioi’ son mendico,
ritegno di dolor fonte diversi.
Disnaturando natura, seguendo
di sottometter voglia ’altrui ’n servaggio,
che chiar conosco che l’uman lignaggio
20d’aver fugge signor naturalmente,
ma diviso da ciò diversamente,
regnando in me avendo gran diletto
d’essere servo di cui son soggetto,
in seguitare affanno sostenendo.
25E poi congiunsi mevi a tal desire,
non mai d’intenzion tal fei partenza,
ma misi ’ngegno a ciò e tutta potenza
e d’altro in me poder già non ritenni
che sol servendo u’ manco lei non venni,
30e che i fosse piager fece mostranza,
siccome quasi me parv’accordanza,
und’alquanto mi fé’ gioia sentire.
Dimorando piager tal quasi un’ora,
se più non manto fu, se bene e’ membro,
35presente a ciò sua vista mevi sembrò
più che dir non porla, crudele e fera,
e visai la sua voglia ch’era intera
di darmi pene, u’ son, si dolorose
che sostenerle alcun tanto gravose
40parva in vita serea sua dimora.
Ed avanzando in me più ’l dolor monta
e quasi dico nente ver’ch’io celo,
che corpo alcun, non credo, è sotto ’l celo
che regni ’n vita, un’or’vi dimorasse
45e che senza dimora noi’ fallasse;
ma per penare più vit’ho languendo
e soccorso di scampo non attendo,
poi non d’aver per me mai ben si conta.
Se, com’eo dico, u’ più mi stringe pena
50di tal cagione, più deggio dolere.