Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/615


— 263 —

porge da bere, sono addirittura ridicoli. In generale però tutti quei mosaici producono buona impressione, ma le loro tinte sono grandemente annerite dal fumo, imperocchè l’11 novembre del 1811, lo stupendo tempio di Monreale corse grave pericolo di rimanere preda tutto quando dalle fiamme. Un chierichetto aveva collocata una candela accesa in un armadio, dando fuoco ad alcune stoffe che vi si trovavamo; aveva tentato soffocarlo chiudendo l’armadio; e stando zitto, per timore di essere sgridato, se n’era fuggito. Nel pomeriggio si vide uscire denso fumo dalle porte e dalle finestre della chiesa; il popolo vi si precipitò, e trovò che già nel coro si erano sviluppate le fiamme. Dopo quattro ore di assiduo lavoro si riuscì a spegnere il fuoco; ma il danno era stato grave; i due organi erano stati fusi, il solaio in gran parte rovinato, le travi nella caduta avevano infranto le tombe di Guglielmo I e di Guglielmo II, ed i mosaici erano stati in parte interamente distrutti. Fin dal 1816 si diede principio a ristaurare i guasti, e per buona sorte le tribune, e le navate erano andate illese dalle fiamme.

Le tombe dei due Guglielmi e della loro famiglia, le quali furono a quell’epoca danneggiate, si trovano nell’ala destra del coro. Guglielmo il Malo riposa in un sarcofago di porfido, e sono ivi pure sepolti i suoi tre figliuoli, Ruggero duca delle Puglie morto nel 1164. Enrico principe di Capua, morto nel 1179. Guglielmo il Buono, e Marcherita loro madre, in guisa che di tutta la stirpe normanna di Sicilia, non mancano che Ruggero I, Simone, e Tancredi. Guglielmo il Buono, che costrusse la bella chiesa, e che vedesi rappresentato due volte nei mosaici, l’una seduto in trono, dove Cristo gli pone sul capo la corona, e l’altra seduto sulla cattedra vescovile, che presenta alla Vergine il disegno del tempio; riposa in un sarcofago di marmo bianco, di bella forma ornato di graziosi rabeschi, su fondo in oro. Questo monumento gli venne innalzato soltanto nel 1378 dall’arcivescovo Ludovico de Torres; imperocchè il pio re aveva prescritto che la