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setta di S. Salvatore; ma il parroco di Resina lo allontanò da quel posto che dava un certo reddito, ed ora sale desso stesso di quando in quando a celebrarbi la santa messa, ed a trattare gli ospiti che gli capitano, con eccellente lacrima Cristi. Il piccolo villaggio si compone di alcuni coloni, i quali si sono stabiliti ai piedi del monte; degli impiegati dell’osservatorio, e di una stazione di gendarmi. Nel giorno della Pentecoste si celebra qui una festa, ed allora vengono dalle città vicine forse un dodici mille persone, le quali si recano processionalmente dalla chiesa di S. Salvatore fino alla Croce ai piedi del Vesuvio, per scongiurare colle loro preghiere il terribile flagello. Ora il volcano quieta dal 1850, ed anche allora non produsse gravi danni; il torrente di lava, di discreta ampiezza, prese la direzione di Ottaiano, devasto i giardini del principe di quel nome, e rovinò il convento di S. Teresa con alcune case.

Dopo una buona refezione presso il parroco D. Michele; il quale ci fece stupenda accoglienza per essere desso in relazione con uno della nostra comitiva; salimmo a Resina sul fiume di lava, che nero di aspetto, produce impressione malinconica. Se non che, ivi pure si può ammirare di quanto sia capace l’industria umana, imperocchè non appena la lava è raffreddata, si cerca a trarne partito. Avevo veduto già nell’osservatorio certe grotte bizzarre, e chiusure di giardino lavorate artisticamente in lava, e nel romitaggio avevamo preso il caffè sopra un tavolo stupendamente lavorato, pure in lava. Si formano pure busti di questa ed a Catania ebbi campo a riconoscere il bello aspetto che porge, dopo la politura, rimanendo sorpreso nel vedere la varietà e la bellezza di tinte delle lave dell’Etna.

Scendemmo da Resina; ivi il torrente disseccato delle lave era fiancheggiato da vigne stupende, ed a contato della lava stessa, quasi nelle ceneri, crescono belle piante di melagrani, coi loro fiori purpurei, che si direbbero di fuoco.