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che trovammo ad un terzo circa di salita. Le sorgenti sono scarse sul monte Somma, le nostre guide davano il nome a quella dove ci fermammo, le cui acque non erano abbondanti, però fresche e di buona qualità; di fontana di Mennone. Decidemmo dare tanto alla fontana, quanto al castagneto dove sgorga il nome classico di Memmnone. Tutti i sassi di quella regione sono sonori, perchè stati soggetti all’azione del fuoco; percuotendoli con un ferro, o semplicemente con un bastone, mandano un suono metallico, come le colonne del foro di Pompei, le quali si trovano nello stesso caso.

A misura che si sale, il monte diventa sempre più arido; crescono le ceneri, i lapilli, la salita diventa sempre più faticosa, ma più bella la vista. Non scorgevamo punto ancora il Vesuvio, perchè ce lo nascondeva la vetta del Somma; per contro si allargava sempre più l’orizzonte, stendendosi da Baia all’isola d’Ischia, scorgendosi Napoli, il golfo, la pianura di Caserta, e tutta quanta la fertile regione della Campania centrale, fin verso i monti di Sarno. Tutta questa stupenda pianura si stende dalle colline che circondano il golfo, e sulle quali sorge in parte Napoli, fino agli Appennini, ai monti del Matese; si direbbe un immenso parco cosparso di castelli, di ville, di chiese, di monasteri, di città, che si staccano biancheggiando sulla verzura della campagna, frastagliate dalle vie di comunicazione. Ci fermammo quasi estatici sull’ultimo contrafforte al di sotto della vetta del Somma, perchè di là potevamo abbracciare di un solo colpo d’occhio, da una parte Napoli ed il mare, dall’altra la pianura della Campania.

Potemmo contare le seguenti città, S. Anastasia e Somma; più in là Poncigliano d’Arco, Acerra, Afragola, S. Maria, Capua; a dritta di questa Caserta ed il suo palazzo, Maddaloni ai piedi dei monti, tinti in azzurro; propriamente in faccia a noi scorgevasi Marigliano, più in là Nola, Ottaiano, Palma e Sarno, dove, a dritta di Nocera, i monti chiudono la pianura. Era il giorno della festa della Ma-