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dopo S. Francesco e S. Domenico, scandolezzato della vita sregolata di Manasse arcivescovo di Reims, dettò la regola dei Certosini verso la fine del secolo XI. Quest’ordine, il quale riuniva in sè la vita dei monaci e degli anacoreti, destinato alla massima abnegazione, tolse il suo nome della località detta la Certosa presso Grenoble, dove venne fondato. I suoi statuti Consuetudines Cartusiæ, portano la data del 1134 ma non vennero approvati dal sommo pontefice che nel 1170. In un’epoca in cui gli animi erano richiamati ad un’estasi mistica dalla lotta coll’Islamismo in Oriente, dalla guerra della chiesa cogli eretici Albigesi, dalle vive contestazioni fra il sacerdozio e l’impero, una riforma del monachismo non poteva porgere che probabilità di esito favorevole. L’ordine dei Certosini non tardò ad allargarsi, e certamente vi contribuirono per molto le singolarità pronunciatissime della loro regola. Fin dal 1208 si fissarono quei padri a Trisulti, di cui Innocenzo III fece loro donazione. Trovarono colà un monastero rovinato, che aveva appartenuto dapprima ai Benedettini; e nel 1211 posero mano ad edificarvi la novella certosa. Dicesi avesse dato nome a questa un castello di Trisalto; il quale avrebbe a sua volta tolta la sua denominazione a Tribus saltibus, dai tre monti imboschiti presso cui sorgeva.

Sebbene la regola imponesse ai monaci personalmente, voto di povertà, non vietava però ai monasteri di possedere, e Trisulti acquistò col tempo vaste proprietà nella provincia di Frosinone alla quale tuttora appartiene. Questa certosa non può vantare come quella di Pavia splendidezza di edifici, di opere d’arte, e si distingue piuttosto per il suo carattere campestre e rurale, che stupendamente corrisponde alla foggia di coltivazione primitiva della campagna di Roma; non si trovano in essa i vasti locali che seppe procurarsi nelle antiche terme di Diocleziano la certosa di Roma, fondazione recente del resto del secolo XVI la quale riconosce l’antica e veneranda certosa di Trisulti quale sua fondatrice, e superiore. La chiesa del monastero