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visitare la certosa, e godere per una notte della ospitalità dei monaci, imperocchè dovete sapere che le ricche tonache bianche hanno obblico per la loro regola, di dare ricovero e vitto gratuito per tre giorni ad ogni viandante; e che se comparisse davanti alla certosa un esercito intiero, non potrebbero chiudergli la porta del monastero. Sapendo che quella brigata di Velletri che avevo incontrato a Collepardo aveva passata la notte precedente alla certosa, vivendo a spese dei monaci, e vedendo dietro di me quei soldati, i quali per il cammino fatto dovevano avere buono appetito, come cominciavo a provarlo io pure, mi prese una vaga inquietudine per l’accoglienza che mi si sarebbe fatta al monastero, dove intendevo passare la notte ancor io. E dissi «Francesco, affrettiamo il passo, per arrivare prima di quei soldati, e non correre rischio di trovare i monaci troppo di cattivo umore, allorquando picchieremo alla loro porta, per domandarvi alloggio e vitto.» Francesco sorrise; ma però il passo lo accelerò.

III.

Eravamo arrivati sull’alti piano in cui sorge la certosa, il quale trovasi sul versante dei monti grandiosi che ci attorniavano; ma non vedevo però ancora il monastero, di cui ci era tolta la vista dal bosco bellissimo di elci, che mi era stato additato dal pozzo di Santulla. Nell’andare avanti, cominciai a vedere due monaci bianchi, i quali se ne stavano passeggiando pensosi sotto quelle maestose piante; e quasi invidiai la quiete assoluta, la tranquillità filosofica, di cui parevano godere. Imperocchè vidi in pochi siti radunato, al pare di quivi, quanto in una profonda e bella solitudine può portare l’animo umano a seria ed elevata contemplazione. Soffiava un venticello fresco in quella pianura, ed attorno noi sorgevano solenni ed imponenti le alte cime dei monti. Tutto ad un tratto si fece udire nella foresta il suono della campana del mo-