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Sono vestite di nero con un fazzoletto da collo bianco, portano una cuffia bianca con nastri neri; precedono le più piccine, quindi in linea crescente arrivano giovani dai diciotto ai venti anni. Sono allieve di un istituto, le quali escono a passeggio. S’incontrano con una schiera di giovanetti, che sono portati parimenti a passeggio guidati da sacerdoti. Anche questi vanno a due a due, disposti parimenti in linea crescente. Vestono abito nero, portano un cappello nero anche i più piccini, e questa schiera di un trenta a cinquanta ragazzi, vestiti in questa foggia severa, produce un’impressione che eccita propriamente l’ilarità. Quando s’incontrano questi ragazzi neri con quelle ragazze nere, si gettano a vicenda sguardi pieni di vivacità, e di desiderio; ma si passano a fianco senza pronunciare parola. Poverini! Non parlano non odono, sono sordomuti gli uni e le altre, ed a segni soltanto, si possono comunicare i loro pensieri.

Sarebbe impossibile l’enumerare tutte le corporazioni, comunità che s’incontrano in Roma, procedenti per tal guisa due a due, in costumi svariati ed uniformi. Sono a centinaia in questa città le provincie del Socialismo clericale, a centinaia i falansteri ecclesiastici, da superare la fantasia di Goethe o di Fourier.

Ecco, compare un’altra schiera di giovani vestiti di una specie di caftan alla turca, con colletto diritto, guernito di una striscia rossa. Sonvi fra essi due mori, e parecchie fisionomie olivastre, abbronzate. Parlano tutte le lingue, d’Europa, dell’Africa, dell’Asia; parlano il chinese, l’indostano, il persiano, l’abissino, il cofto, l’idioma del Malabar, degli orangotani. Sono gli allievi del collegio della Propaganda, futuri missionari. Questi altri giovani per contro che arrivano, biondi di capigliatura, vestiti tutti di rosso, parlano tutti tedesco; sono allievi del collegio germanico. Ed ecco altri collegi; giovani vestiti di colore turchino, nero, bianco; sono Inglesi, Scozzesi, allievi del collegio Nazareno, di quello dei Nobili. Chi li potrebbe nominare tutti?