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Ve n’è una perfino di trent’anni, se non erro, sotto Carlo V, o Carlo VI!

Ad ogni modo allora, e adesso, e sempre, certe paci, in certe date condizioni, com’era appunto il caso di nazionalità d’allora, ed è il caso di nazionalità d’oggidì, non sono e non possono essere altro che tregue. Non sarebbe più onesto e di minore imbarazzo, chiamarle col loro vero nome?

Il Trattato di Zurigo è evidentemente un parto condannato dal suo nascere, e non può avere lunga vita. Ma alla fine porta la firma della Corona, e di questa firma non possono i suoi ministri variare il saggio. Non possono farla scendere al livello di quelle che diedero guarentigie legali alle costituzioni di Napoli, di Roma, di Firenze ec. ec.

Non bisogna che dimentichiamo aver noi asssaliti ed abbattuti que’ sistemi, principalmente in nome della violazione di queste e d’altre firme del medesimo valore.

Quelli erano i modi del vecchio mondo, e non i nostri: nè si tratta più così col mondo rinnovato. Ricordiamocene.

Dunque chi voleva la guerra a primavera si metteva sotto i piedi la firma della Corona!

Un Ministro davanti al Parlamento potrà al caso riconoscere che il Trattato di Zurigo non trova nel mondo reale, nell’Italia reale d’oggi giorno, nessun elemento di stabilità; potrà esprimere il desiderio che la saviezza dell’Europa e de’ consiglieri della Corona imperiale, unita alla pressione di necessità di vario genere, conduca presto a sopprimerlo o a modificarlo per comune consenso; ma sarei curioso di sapere con quali frasi si potrebbe