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Nel 1856 Giorgio Mason lasciò Roma e l’Italia, per andare a stabilirsi in Inghilterra e sposarvi una signorina, alla quale si era da varii anni promesso.


Io rimasi fin al 1859 all’Ariccia, che lasciai solo per andare in Piemonte ad arruolarmi sotto re Vittorio in Aosta Cavalleria, come racconterò.

Rimanendo all’Ariccia, d’onde io venivo per saltuarie dimore in Roma ove avea conservato e casa e studio, vi compii studi per vari quadri. Fra i quali «Danza dei Carbonari», «Donne alla fontana»; i quali due quadri ho tuttora per le mani senza sentirmene stanco dopo quaranta anni. Ed è naturale che così avvenga quando l’artista ha ricevuto direttamente l’inspirazione dell’eterno vero.

Mutano le mode, i capricci cadono, ma l’amor del vero è inestinguibile fiamma. Nè la ricerca dei mezzi con cui spiegarsi può affievolire il sacro fuoco. La ricchezza dei mezzi che oggi la scienza offre all’Arte, la facilità di fermare per mezzo della fotografia la natura in movimento, ha raffreddato gli animi, ha soffocato l’ideale. Siamo nel caso di quei grandi ricconi i quali, non avendo più nulla da desiderare, non avvertono più la luce che, palpitando, irradia il cielo prima del sorger del sole; non sentono più il gusto della vita.