37 E come Carlo la gittò nel mare,
E il dì della battaglia dolorosa,
Si vede sopra l’acqua galleggiare,
E mostrasi ancor tutta sanguinosa;
E s’alcun va per volerla pigliare,
Subito sotto si torna nascosa.
Tutto esser può, ma, come caso nuovo,
Con la mia penna non l’affermo o approvo.
38 Credo che al tempo di que’ paladini,
Perchè la fede ampliasse di Cristo,
Sendo molto potenti i Saracini,
Molte cose a buon fin permesse Cristo;
Che se non fusse stato a’ lor confini
Carlo a pugnar per la fede di Cristo,
Forse saremmo ognun maumettisti: Ergo, Carole, in tempore venisti.
39 Parmi Carlo e Domenico e Francesco
Abbin tanto operato per la fede,
Con le dottrine e col valor francesco,
Ch’io dirò forse che per lor si crede;
Chè il popol de’ Cristiani stava fresco,
Se non che Iddio a’ buon servi concede,
Perchè ogni cosa è da lui preveduto,
Sempre al tempo opportun debito aiuto.
40 Io mi confido ancor molto qui a Dante,
Che non sanza cagion nel ciel su misse
Carlo ed Orlando in quelle croce sante,6
Che come diligente intese e scrisse;
E così incolpo il secolo ignorante,
Che mentre il nostro Carlo al mondo visse,
Non ebbe un Livio, un Crispo, un Justin seco,
O famoso scrittor latino o greco.
41 Ma perch’io dissi altra volta di questo,
Quando al principio cominciai la storia,
Forse tacere, uditor, fia onesto,
Poi ch’io ho collocato in tanta gloria
Carlo ed Orlando: or basti, sia per resto,
Perchè e’ non paia vanitate o boria,
A giudicar de’ segreti di sopra,
Quel che meriti ognun secondo l’opra.