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canto ventesimottavo. 405

2 Perchè donna è costì, che forse ascolta,1
     Che mi commise questa istoria prima;
     E se per grazia è or dal mondo sciolta,
     So che tanto nel ciel n’è fatto stima,
     Ch’io me n’andrò con l’una e l’altra volta
     Con la barchetta mia, cantando in rima,
     In porto, come io promissi già a quella
     Che sarà ancor del nostro mare stella.

3 Infino a qui l’aiuto di Parnaso
     Non ho chiesto nè chieggo, Signor mio,
     O le muse o le suore di Pegaso,
     Come alcun dice, o Calliope o Clio:
     Quest’ultimo cantar drieto rimaso
     Tanto mi sprona e la voglia e ’l desio,
     Che, mentre io batto i marinari e sferzo,
     Alla mia vela aggiugnerò alcun ferzo.2

4 Da Siragozza s’è Carlo partito,
     Arso la terra, e vendicato l’onte,
     E il traditor di Marsilio è punito
     Dove e’ fece il peccato, a quella fonte;
     E cavalcando d’uno in altro lito,
     In molti luoghi fe’ rifare il ponte,
     Ch’egli avea prima pel cammin tagliato,
     Acciò che indrieto nessun sia tornato.

5 E ritornossi a San Gianni di Porto,
     E non sofferse a ’gnun modo passare
     Di Roncisvalle, ove il nipote è morto;
     E dicea sempre nel suo sospirare:
     Chi sarà quel che mi dia più conforto?
     Tanto ch’ognun faceva lacrimare:
     Che farà più quest’anima nel petto?
     La vita mia omai fia sol dispetto.

6 Or perchè alcun qui dice, Ganellone
     Sendo con certa astuzia scarcerato,
     Che gli apparì sì gran confusione
     Di nebbia che l’avea tutto obumbrato,
     E ritornossi smarrito in prigione,
     Chè così lo guidava il suo peccato;
     Dico io: non so se confirmar mel debbia,
     Per non parere uno autor da nebbia.