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canto ventesimosettimo. 373

137 E poi che Carlo intorno a Pampalona
     Più tempo s’era indarno affaticato,
     Venisti, e bisognò la tua persona,
     Chè così era già pronosticato,
     Come a Troia d’Achille si ragiona;
     E poi che fu da Maccario ingannato,
     In Francia andò come fu tuo disegno,
     E racquistò la sposa insieme e ’l regno.

138 E Pantalisse il superbo Troiano,
     E ciò che tu facesti per antico,
     Ferraù Serpentin; di mano in mano,
     Notato è tutto, Adastro il gran nimico,
     E ciò che già nel corno egiziano
     Facesti, come a Dio perfetto amico,
     Mentre ch’egli era il tuo Morgante teco,
     Forse lo spirto del quale è qui meco.

139 Il qual nel ciel ti farà compagnia,
     Come soleva un tempo fare al mondo,
     Perchè tu il dirizzasti per la via
     Che lo condusse al suo stato giocondo;
     E perch’io intendo la tua fantasia,
     Poi ch’io dissi Morgante, io ti rispondo:
     Tu vuoi saper di Margutte il ribaldo;
     Sappi ch’egli è di Belzebù giù araldo.

140 E ride ancora, e riderà in eterno
     Come solea, ma tu nol cognoscesti,
     Ed è quanto sollazzo è nello Inferno;
     Or perchè a Dio la morte tu chiedesti,
     Come que’ santi martiri già ferno,
     Non so se onestamente ti dolesti;
     Chè per provarti nella pazienzia
     Ha di te fatta ultima esperienzia.

141 Vuolsi a Dio inclinar le spalle gobbe,
     E dir: Signor, fammi constante e forte
     A patire ogni pena come Jobbe,
     Sì ch’io sia obbediente insino a morte;
     Il qual, poi che 'l voler di Dio conobbe,
     Contento fu d’ogni sua afflitta sorte,
     Nè cosa alcuna più gli era rimasa,
     Quando e’ gli fece rovinar la casa.