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canto ventesimosettimo. 371

127 E perdonasti a tutta la natura,
     Quando tu perdonasti al primo padre,
     E poi degnasti farti sua fattura,
     Quando tu assumesti in terra madre;
     Non so s’io entro in valle troppo oscura;
     Dunque proprio i Cristian son le tue squadre:
     Io ho sempre difese quelle al mondo,
     Aiuta or me tu, mio Signor giocondo.

128 Le legge, che in sul monte Sinaì
     Tu desti anticamente a Moisè,
     Io l’ho tutte obbedite insino a qui,
     Ed osservata la tua vera fè;
     Però, giusto Signor, s’egli è così,
     Giustizia fa pur con la tua merzè,
     Perchè a giusto Signor così conviensi,
     Che le sue petizion giuste ognun pensi.

129 Non entrare in judicio, Signor, meco,
     Chè nel cospetto tuo giustificato
     Non sarà alcun, se tu non vuoi già teco,
     Perchè tutti nascemo con peccato;
     E ciò che nasce al mondo, nasce cieco,
     Se non sol tu nascesti alluminato:
     Abbi pietà della mia senettute,
     Non mi negare il porto di salute.

130 Alda la bella mia ti raccomando,
     La qual presto per me fia in veste bruna,
     Che, s’altro sposo mai torrà che Orlando,
     Sia maritata con miglior fortuna:
     E poi che molte cose ti domando,
     Signor, se vuoi ch’i’ ne chiegga ancor una,
     Ricórdati del tuo buon Carlo vecchio,
     E di questi tuoi servi in ch’io mi specchio.

131 Poi che Orlando ebbe dette le parole
     Con molte amare lacrime e sospiri,
     Parve tre corde o tre linee dal Sole
     Venissin giù come mosse da Iri.
     Rinaldo e gli altri stavan come suole
     Chi padre o madre ragguarda che spiri,
     Ed ognun tanta contrizione avea
     Che Francesco alle stimite parea.