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canto secondo. 23

4 Così ci fussi il figliuol di Milone,
     Che fu fratel del mio padre perfetto:
     Deh dimmi il nome tuo, gentil barone,
     Se così piace a Gesù benedetto.
     Orlando s’accendea d’affezione,
     Bagnando tutto di lagrime il petto;
     Poi disse: Abate mio caro parente,
     Sappi ch’Orlando tuo t’è qui presente.

5 Per tenerezza corsono abbracciarsi;
     Ognun piangeva di superchio amore,
     Che non poteva ad un tratto sfogarsi,
     E per dolcezza trabocca nel core;
     L’abate non potea tanto saziarsi
     D’abbracciar questo, quanto è il suo fervore.
     Diceva Orlando: Qual grazia o ventura
     Fa ch’io vi truovi in questa parte scura!

6 Ditemi un poco, caro padre mio,
     Per che cagion voi vi facesti frate,
     E non prendesti la lancia com’io,
     E tante gente che di noi son nate?
     Perchè e’ fu volontà così di Dio,
     Rispose presto ad Orlando l’abate,
     che ci dimostra per diverse strade
     Donde si vadi nella sua cittade,

7 Chi colla spada, chi col pastorale:
     Poi la natura fa diversi ingegni,
     E però son diverse queste scale:
     Basta che in porto salvo si pervegni,
     E tanto il primo, quanto il sezzo4 vale:
     Tutti siam peregrin per molti regni:
     A Roma tutti andar vogliamo, Orlando,
     Ma per molti sentier n’andiam cercando.

8 Così sempre s’affanna il corpo e l’ombra5,
     Per quel peccato dell’antico pome:
     Io sto col libro in man qui il giorno e l’ombra,
     Tu colla spada tua tra l’elsa e ’l pome
     Cavalchi, e spesso sudi al sole e all’ombra;
     Ma di tornare a bomba6 è il fin del pome.
     Dico che ognun qui s’affatica, e spera
     Di ritornarsi alla sua antica spera.