Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/350

338

non sarà ragionevole il cercare nell’uomo stesso quelle disposizioni ond’egli si rende atto a sentire certe consonanze e certe dissonanze, dallo scontro delle quali deriva ogni più squisita armonia?

Noi non giudicheremo mai l’artista al pennello che ha in mano, o a que’ spruzzi neri che frammette alle righe tracciate sopra una carta più salda dell’ordinario; si bene a que’ tipi di bellezza musicale o pittorica che porta nell’anima, e cui incarna colorando o scrivendo. Quanta miglior musica quella di certe popolari canzoni, le cui melodie che furono forse a caso create da qualche uomo del volgo, ignaro del contrappunto, che non è quella che alcune volte ci tormenta fastidiosamente le orecchie tra il caldo e gli altri incomodi del teatro! Quanta miglior pittura ci sarà stata ne’ modelli che, giacendosi in letto a sedere, il Teocrito svizzero abbozzava, scompigliando le lenzuola, di quella che si vede in certi quadri in cui la natura è cadavere!

Una gran lotta c’è sempre stata tra il ventre e l’ingegno; e Chi non può errare sempre che parli, minacciava d’ingrassare nelle membra cui voleva far stremo dell’intelletto. I latrati del ventre sono alle volte si fieri e continui, che si scambiano da moltissimi per inspirazioni. E non che sciogliersi dalle regole eterne, fuori delle quali è pazzia il cercare bellezza, vengono immaginati certi aforismi di stitica filosofia per cui