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nesti intelletti del nostro tempo, che lo chiamava velo al pensiero. E per verità, dopo ch’essi hanno cianciato e cianciato, ne sai meno di quando non avevano per anco aperto bocca, con soprappiù di alcune idee contradditorie o dissonanti che si rimescolano nel tuo cervello come le onde di un mare in burrasca. Altri credono spacciarsi con questa bella frase: eh! so ben io che mi voglia dire, ma non so spiegarmi. Io rispondo sempre a questi cotali, o apertamente o nel mio secreto, secondo i casi: chi non sa spiegare agli altri il proprio concetto, non ha in sua mente concetto veruno. Ancora ho veduto essere a moltissimi cagione di non farsi intendere il desiderio soverchio che hanno di essere intesi, e quel loro sopraccaricare di ornamenti il pensiero per modo che rassomigli a persona, la quale, avviluppata entro vesti soverchiamente addoppiate e pesanti, ne rimanesse soffocata. Ci sono anche di quelli fra gli scrittori che non badando punto all’importanza che ci ha dell’essere intesi, non si mettono per nulla ne’ panni de’ loro siano leggitori o siano ascoltatori, e presumono che certe circostanze e particolarità siano tanto bene note e presenti alla mente degli altri, quanto sono ad essi proprio. E dovrebbero pensare che assai rare volte succede che la cosa stessa faccia il medesimo colpo in due persone diverse, e sia considerata pel medesimo verso; accadendo in vece presso che sempre, che ciò che è coda per talu-