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contempli l’opera propria tra malinconico e dispeltoso, pure si acconcia per l’avvenire a ricreare i concelti della propria mente secondo il senno di quelle ciancic. Sono pure questi medesimi pedanti, che, all’ascoltare o tragedia o commedia che sia, mentre altri ingenuamente ride o piange senza badar più che tanto, notano il come dell’andare e del venire d’ogni personaggio, e se la scena rimanga vota, o si muti frammezzo l’atto, ed è questo il meglio che sanno dirti, chiamati a dar giudizio del merito del dramma. Perchè non vanno essi ancora, quando alcuno gl’interroga se tale o tal altra donna sia bella, a misurare di quanto lo spazio ch’è tra il naso e le ciglia sia diverso da quello ch’è tra esso e la bocca, e così d’ogni altra parte? Che altro fece per essi lo studio fuorchè il confinarli noli’ abbaco? Non e’ è divario da essi a quel gramo usuraio, che mai non rimane dal sommare, sottrarre, moltiplicare e dividere; e condotto a un ballo, è straniero a tutto quello che vi si fa, tranne alla somma delle candele che novera una per una, dei ballerini che gli passano davanti ad esser sommali uno per uno, con tutto quel resto d’operazioni aritmetiche che può suggerire l’andirivieni e le varie vicissitudini della festa.

In secondo luogo sono da ricordare coloro i quali non hanno altra guida a giudicare della bellezza salvo le impressioni che ne ricevono. Giudici incompetenti anche questi, alquanto però