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grazia. Ma certi principii mal posti, e peggio praticati, corrompono in noi il primo germe delle primitive inclinazioni, ci fanno operare a ritroso e fuor di natura, e quindi sempre spostati, sempre violenti, pensiamo col cervello d’altri, prendiamo a prestito le altrui parole, nulla abbiamo in noi che ci sia proprio, e quindi nulla abbiamo che possa veramente chiamarsi grazioso.

Oltre la facoltà di pensare e operare con grazia c’è anche quella di rimanere più o meno impressionati dagli oggetti graziosi. Una facoltà può dirsi all’altra gemella. Quante grazie cadono inosservate per colpa di chi non sa vagheggiarle! Anche in questo lo studio dell’eleganza può apportare gran danno. Siccome l’uso immoderato di certi cibi e di certe bevande rende il nostro palato inetto a gustare i blandi sapori delle vivande e dei vini più confacenti alla nostra salute, così il soverchio studio dell’eleganza ne fa diventare indifferenti ed ottusi alla grazia. Fortunato chi mantiene difesa dalla contagiosa influenza di certi esempi la propria anima! Quanti piaceri gli sono apparecchiati da assai tenui cose!

La grazia può ella stare colle passioni? Senza dubbio; il che non può dirsi certamente dell’eleganza. Anzi dov’entra eleganza, ivi potete dire assai francamente non avervi passione. È graziosa la malinconia, è grazioso il pudore, ma più di tutto è graziosa l’innocenza. Anzi potrebbe dirsi