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cammino; e tranquillano con false ragioni la propria coscienza, dacchè trovano nel pomo d’oro quel se, quel ma, quella condizione qualunque che avevano posta a volersi mantenere onesti e gentili. E quindi rimanendosi dal correre per la via, sulla quale avevano pur dato con ipocrita alacrità i primi passi, perdono senz’altro la prova, e credono di potersi ammogliare a quel vizio che li ha soggiogati, senza meritarne accusa di rinnegare il proposito da essi manifestato prima di venirne alla gara, anzi facendo le viste di adempirlo scrupolosamente in ogni sua parte.

Che se Atalanta avesse fortemente voluto tenersi lontana dalle nozze, non avrebbe già detto che chi fosse miglior corridore di lei le sarebbe consorte, ma che nè anche Borea l’impetuosissimo, o l’agilissimo Zefiro, avrebbero bastato ad ottenerla. E similmente chi è fermo, e come a dire, tetragono ne’ proprii divisamenti, lascia che il vento della fortuna aggiri e sovverta per quel che sa meglio i monumenti dell’umana alterigia; ma egli, non che muoversi punto, da quelle scosse medesime rimane più sempre assodato nella sua base. Per la indomabile costanza di un tal uomo sono un nulla i pomi d’oro fatti sdrucciolare davanti ai suoi occhi, affinchè gl’incatenino i piedi; egli corre e corre più sempre, non famelico di quei pomi ma della meta, cui vede sempre imminente.

E ci torna anche a memoria, in proposito di Atalanta, una bella fiaba che il nostro concitta-