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to, comporne un elisire, separare dalle parti grosse le spiritose. In ciò deve stare tutto il segreto della possibile felicità, almeno per mio conto.

Trasformerò la mia anima in uno staccio, in un limbicco, in un crogiuolo; d’ora innanzi tutto deve essere maceratura, vaporazione, raffineria; un’alchimia intellettuale, dacchè la felicità è la vera pietra filosofale. Appunto un’alchimia; e non paleserò a chicchesia il mio segreto, perchè il prossimo caritatevole non prenda diletto del turbarmi l’operazione, infondendo nel mio composto il miscuglio delle proprie passioni. Ma a questo modo mi sarò cangiato in misantropo? Tutt’altro, perchè anche dagli uomini prenderò quel tanto che mi occorrerà per rendere perfetto il mio estratto; anzi saranno dessi che mi somministreranno gl’ingredienti più attivi.

Innumerabili sono i vantaggi che mi sarà dato ritrarre da questa mia quintessenza. I piaceri così depurati, e tanto diminuiti di numero quanto accresciuti di forza, lunge dal trovare un’anima stanca e ignara, si apprenderanno ad un’anima cupida ed intelligente. Potrò anche tenere in serbo la mia quintessenza, e, poste certe condizioni, dispensarne l’uso secondo i bisogni. Oltre a questo, nell’analisi del piacere, che mi converrà fare senz’altro, volendo pur venire a capo di averne l’estratto, mi sarà dato di conoscere, oltre che la natura propria di tutti i piaceri in generale, quella propria in particolare di cia-