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lettamenti del celeste connubio, non dubitò di recarsi alla foresta Lernea, secondo i sogni le aveano mostrato. Di che, per animosità di colei che era sposa e sorella del seduttore, tramutata in giovenca bizzarra, e senza posa ferita dall’assillo stimolatore, cercava oltre i mari e il deserto i perduti riposi della reggia paterna. Le fuggivano ai lati e da tergo i fiumi e le rupi, e sempre nuova terra si sentia sotto a’ piedi, senza però mai restare; ma, sempre desiderosa e gemente correndo, prega l’amante divino di sotterrarla, a non udire l’abborrita zampogna che la contrista. Nè i fonti Cencrei e l’istmo Cimmerio, o il Bosforo cui traversando dà nome, fino all’altissimo Caucaso ove le si concede di udire Prometeo vaticinante, e all’onda dell’orrido Ibriste, a cui giunge famelica e furibonda, son valevoli ad acchetarla; onde, dopo tanto errare e farneticare e soffrire, è condotta a ripetere con assai miserabil querela: qual mai sì gran fallo abbia ella commesso da meritare quelle nozze celesti che la fanno tanto infelice1! Non disforme esser deve la condizione di tutti gl’ingegni privilegiati a travagliarsi nelle arti; nè io starò qui a diciferarvi minutamente il senso riposto di tutta la favola, ciò che far potete di per voi stessi assai facilmente, ma passerò invece a ricordar quei conforti che alla vita di ogni artista son preparati, affinchè non si dica che io sia qui venuto

  1. Eschilo nel Prometeo.