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sua calorosa disputa nella sinagoga. La prima scena è ben efficace per la diretta rappresentazione del vero; mentre nel miracolo che segue su la scala di un vago tempio la realtà si trasumana per la aspettazione del personaggio che accompagna il Protomartire e il cui viso rivolto al cielo è combattuto dal dolore e dalla fede. La disputa è per verità troppo ristretta da un canto; e la espressione della collera, dell’odio e dello sdegno che trovò tante lodi nel Vasari, in noi non può trovar eco concorde; perchè poco e male si vede.

Paragonando queste pitture di S. Stefano con quella di cui l'Angelico decorò la cappella del Vaticano, è facile notare la grande differenza e di stile e di carattere. Il Lippi non mancò di sentimento religioso, come troppo facilmente si ripete senza guardare; ma veramente intese la religione ne’ suoi aspetti più umani. Non altrimenti si può comprendere come abbia dato così poca parte nel grandioso affresco sottostante alla lapidazione del santo, per quanto forse la bestialità dei lanciatori faccia mirabile contrasto con la serenità del lapidato. Il suo ingegno si profuse tutto nell’ampiezza decorativa delle esequie. La pompa della acconcia prospettiva di una