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Il signor De Emma aveva con sè due giovani donne: una inglese, sua moglie, — l’altra italiana, vezzosissima, i cui rapporti colla famiglia per allora rimasero ignoti. Si credeva fosse un’inferma in cura del dottore — tanto era patita e sparuta. Costei, per suo gusto, si occupava degli ospiti dello stabilimento.

Aveva una pazienza, e certe maniere e certo visino dolce, amorevole, che i malati presero a volerle bene: era un pallido raggio di sole nella tenebrìa squallida della loro vita di ospedale.

Ed anche il De Boni non rimase insensibile alle sue cure. — Un giorno che il poveraccio s’affaticava, a forza di lenti, di decifrare il carattere minutissimo di un Sant’Agostino, ella glielo prese di mano, sedette accanto al letto e gli fe’ lettura. Poi ci tornò ogni dì. In breve ella acquistò imperio grandissimo su quel bietolone. E fu in grazia sua se il signor Angelo potè ripresentarsi al suo padre senza farlo montare in furore... La giovinetta un po’ colle buone, un po’ colle brusche, come si usa coi ragazzi, sapeva ridurlo docile come un agnello; — tutte le volte che il figlio si presentava, era lei la sua introduttrice e assisteva a tutti i loro colloqui. Strani colloqui di grugniti e di muggiti non interotti che dalle soavi sue parole. Ella faceva da interprete, da paciera...

In quella il vecchio orologio a pendolo della scala battè sei colpi.

— Sei ore, sclamò Bazzetta, già sei ore!

Era scritto ch’io dovessi rimanere un altro pezzo con la mia curiosità oramai vivissima.