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di angelo poliziano 155

Non straniera nutrice, ma un’Iddia,
Che delle figlie di Pierio è suora30
E dell’eccelsa Pallade compagna,
L’augusta Poesia, che, in alto, seco
Via rapisce le umane intelligenze
Nelle celesti regïoni arcane;
Io quali renderò, quali mai grazie35
A tanta altrice, e quale fia compenso
Convenïente che pagar le possa;
Io che Giove non son, che non son Bacco,
Né d’un regno signore? O audace mente,
Dove or bramoso mi trasporti? Dove40
Attonito mi spingi, o troppa ardita
Divozïon? Quale tumulto è questo
Che la mia trepidante anima invade?
M’inganno? O il cor medesimo alla Diva
Offerta convenevole matura,45
Di suo volere, e le parole e il suono,




Bellua non petulans nymphe non barbara mater,
Sed dea Pieridum consors et conscia magnae20
Pallados, humanas augusta Poetica mentes
Siderei rapiens secum in penetrnlia coeli;
Quas, rogo, quas referam grates, quae praemia tantae
Altrici soluisse queam, nec fulminis auctor,
Nec thyrsi sceptrique poten? Quo nam improba ducis25
Mens avidum? quo me pietas temeraria cogis
Attonitum? quinam hic animo trepidante tumultus?
Fallor? an ipsa aptum dominae praecordia munus
Parturiunt ultro, vocemque et verba canoro
Concipiunt sensim numero, inlibataque fundunt30