non esser dubbio che questo voto penetrava piú altamente a’
segreti dell’imperio. Questo comprende gran ragione di stato
regia contro i patrici. Perché molte cose ritengono apparenza
di vero che in segreto vengono indrizzate al contrario: e perciò
l’accortissimo Tiberio, accorgendosi dove andava a ferire quel
parere, e scorgendo, oltre il fine, esser ancora proposto per penetrare il segreto del suo animo e la sua inclinazione, mostrò
di aver contrario parere di quello, che veramente egli aveva.
E perciò l’istorico segue: «Tuttavia Tiberio ne discorreva, come
se perciò fosse cresciuta la sua autoritá»; perché essendo contro
la sua intenzione, che egli aveva nel modo di governare, e
scorgendo la durazione negli uffici e governi publici, la quale
tenga colore di perpetuitá, esser contro la conservazione della
sua monarchia: per non discoprire, con negar ciò che nel voto
era proposto, il segreto dell’animo suo, ancor che non l’ammettesse, mostrò ciò fare per modestia, acciocché la sua potenza non si accresca soverchiamente, non mostrando d’intendere il misterio, che si contiene nella proposta. Era però questo
tutto per ragion di stato. Prima perché la creazione dei magistrati appartiene al prencipe. Di piú per meglio ributtare quel
parere di Asinio Gallo soggiunge: che gli uffici, che non durano molto tempo, hanno almeno questo di buono, che coloro,
li quali una volta vengono esclusi dal potergli ottenere, sopportano ciò piú pazientemente per la speranza della seconda
nomina «Per il contrario, insuperbirsi gli uomini con essere
eletti al magistrato annuo; e che sará se per cinque anni lo
possederanno?». Inoltre, «appena potersi fuggire l’offese, che
si fanno per le ripulse d’ogni anno, ancora che la vicina speranza gli consoli; quanto adunque penseremo che sii per partorire d’odio, se saranno esclusi per cinque anni?» Ma di piú,
con tal determinazione si sminuisce la facilitá al prencipe di
gratificar molti; essendo però che il prencipe piú di ciò ha bisogno, principalmente se sará prencipe nuovo, cioè del favore,
e benivolenza de’ cittadini. E di quanta importanza sta al prencipe il poter molto gratificare i suoi cittadini insegnò Aristotele
al secondo della Politica, al capo settimo; e Cassiodoro di