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che dignità vi andassero in cappa e cotta, che sono due ornamenti sacerdotali. Un prete, cui mancavano queste vesti, stavasi afflitto in casa sua, non sapendo dove le avesse potuto domandare. La serva, a vederlo pensieroso e col capo basso, gli chiese la ragione del dolore; ed egli le disse che il Vescovo aveva indetto di andare al Sinodo in cappa e cotta: “Ma voi, mio buon padrone, gli rispose la serva, non conoscete la forza di quest’ordine. Non è la cappa e la cotta che il Vescovo domanda e che voi dovete portare, sibbene dei capponi cotti.” Il prete cedette al consiglio della donna, e portando seco i capponi cotti, fu assai cortesemente ricevuto dal Vescovo, il quale diceva ridendo che questo prete soltanto aveva ben capito l’ordine dell’editto.


XXIII

Di un amico mio che si affliggeva

che molti gli andassero innanzi ch’erano a lui

inferiori per probità e per dottrina.


Nella Curia Romana domina quasi sempre la fortuna e rarissime volte solo vi trovano posto l’ingegno e la virtù; ma tutto si ha per ambizione o per intrigo, senza parlar del denaro, che in vero pare aver dominio su tutto il mondo. Un mio amico, che si affliggeva che molti gli andassero avanti ch’erano a lui inferiori per probità e per dottrina, si lamentava con Angelotto Cardinale di San Marco, di non avere nessuna ricompensa della sua virtù e di vedersi posposto a chi non gli arrivava in nessuna cosa. E parlò degli studi che avea fatti e delle fatiche spese a studiare. Allora il Cardinale, sempre pronto a sferzare i vizi della Curia: “La vostra scienza e la vostra dottrina, gli disse, non giovano a niente, e se volete essere ben accetto al Pontefice, disimparate ciò che sapete e apprendete i vizi che ignorate.