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naro; e che tu non dica mai a tua moglie che un altro lo ha più abbondante.” Udite queste cose, e’ tornò afflitto a casa. E alla donna, che gli chiese denaro per comprar del pane, disse, che in luogo di denaro egli recava dei buoni consigli, e le narrò la cosa, e le disse i consigli che aveva ricevuti. La donna quando sentì parlar d’abbondanza, drizzò le orecchie: “Forse che, chiese, voi uomini non ne avete tutta la stessa quantità?” “Che! rispose, vi sono fra di noi grandi differenze; il nostro prete ne ha forse più del doppio,” e stendendo il braccio, le mostrò la misura. La donna, tosto accessa di voglia, volle il più presto che potè esperimentare se suo marito avesse detto il vero. Così, mutata in stoltezza quella che doveva esser sapienza, imparò il pover uomo che non si hanno a dire le cose che ci sono nocive.


CLXXV

Di uno sciocco milanese che portò al confessore

il manoscritto de’ suoi peccati.


Un certo milanese, sia per sciocchezza, sia per ipocrisia, sia per paura di dimenticarli, aveva scritto in un grosso quaderno i suoi peccati, e andò con questo una volta da un uomo molto dotto e perito in sì fatta materia, chiamato Antonio Randanense di Milano dell’ordine dei Minori, per confessare i peccati suoi; e pòrtogli il quaderno, lo pregò di leggerlo, che esso conteneva tutta la confessione de’ suoi peccati. L’uomo avveduto e saggio, che vide che la lettura di quel volume richiedeva molto tempo, conosciuta la stoltezza dell’uomo, lo interrogò sommariamente, poi gli disse: “Io ti assolvo compiutamente di tutti i peccati che sono qui scritti.” E poi che l’altro gli chiese qual penitenza fosse per infliggergli: “Per un mese, gli disse, tu leggerai questo codice sette volte il giorno.” E per quanto dicesse che