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iv - sonetti 101

VII

IL BALLO PANTOMIMICO ANTICO.

Quand’io rincorro col pensier le andate
e le presenti qualitá del ballo,
come perde da lei, quanto intervallo
riman la nostra dall’antica etate!
Era le salme volteggiar librate
pregio minor senza por membro in fallo,
e nel gesto scolpir, come in cristallo,
le parole dall’anima parlate.
L’egizio Proteo e ’l saltator d’Aiace
vinse ogni prova, ma il serbare immoto
delle leggi ’l decoro e de’ costumi,
della patria l’amor, l’onor de’ numi,
quel che giova accoppiando a quel che piace,
fu a Grecia un vanto, ed all’Italia è un vóto.

VIII

IL BALLO PANTOMIMICO MODERNO.

Apre il ballo e s’atteggia: ecco riceve
vita il valor dell’ubbidite corde.
Muto pende il teatro, e ’l piacer beve
pe’ tesi orecchi e per le luci ingorde.
Trascolorano i volti in foco, in neve,
come il gemino obbietto or liscia, or morde
il cor di fonda impressione o lieve,
e a’ ciechi del disio moti concorde.
I petti a vista e in lor danzanti i crini
parton co’ piedi ’l grido alto, ch’elice
il guizzar molle delle vaghe Frini.
E i due, che in parte almen devrian felice
far l’uom, ministri della mente affini,
son fatti, o tempi! del suo mal radice.