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nella confederazione: la città appellarono Alessandria dal nome del pontefice capo della lega: dopo un anno gli Alessandrini posero in campagna quindicimila combattenti d’ogni arma.

Intanto Federigo, al nord, intendeva a cavare da quella officina del genere umano una sesta armata, che dovea pure andare in dileguo, tanto ch’ei si facesse coniare anche la settima ed ultima sua. Ma le batoste italiane avevano un cotal po’ rallentato le ruote di quella macchina; di che, corsero sei anni prima che la fosse potuta rimettere in movimento. Nel mezzo tempo, l’imperatore non rimaneva di tentare con divise pratiche quando il papa, quando l’una, quando l’altra delle città: ma fu invano; elle proseguirono il loro proposto, e distendendosi al mezzogiorno, si aderirono davantaggio le città della Romagna, Ravenna, Rimini, Imola e Forlì.

Finalmente, nell’ottobre del 1174 Federigo si mosse; e superate le alpi Savoiarde, calando in Italia dal monte Cenisio, incendiò Susa, espugnò Asti, e pose il campo davanti Alessandria, ingrossato dalle milizie pavesi e del marchese di Monferrato. Non iscorgendo che la difendessero se non se un largo fossato e bastioni di creta, ordino l’assalto: gli imperiali vennero ributtati al di là delle loro baliste; queste prese ed incendiate, e volto in fuga l’esercito. Federigo s’incocciava, come più crescevano le resistenze. Erano indarno le piogge dirotte; le paludi, le nevi, il freddo crescente a dismisura, le diserzioni, la fame, le malattie; indarno il consigliar de’ suoi: di nulla disanimato, non rimetteva del suo proposto. Quattro mesi durò; nessun ingegno pretermise; da ultimo erasi volto alla mina, che avea fatta condurre per lungo tratto, malgrado le paludi e la rea stagione, con tanto scaltrimento, che non prima gli assediati se ne addiedero, che gl’imperiali fossero sbucati nell’interno della piazza.

Ma prima di questo avvenimento, la dieta lombarda convenuta a Modena, aveva avvisato alla liberazione della città, e fatta la massa a Piacenza di tutte le forze delle repubbliche; le quali si mossero a mezza quaresima con buon seguito di carra cariche di vittovaglie, mentre un convoglio di battelli rimontava le acque per far capo al Tanaro. La domenica delle Palme (1175) sostarono presso Tortona, dieci miglia discosto dall’accampamento di Federigo; il quale, disperato dell’impresa, piegò la superba alterezza dell’animo suo alle arti del tradimento. Chiese una tregua per feriare il venerdì santo: e, abusando la fede del giuramento, fece nella notte sbucare i suoi drappelli pe-