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cenzo Lunardi capitano lucchese, che faceva giri in Italia, «dando spettacolo de’ suoi voli areostatici». Cfr. Vicchi VI, p. 228 e segg. — Il metro è lo stesso di quello della Pros. di Pericle.

 
Quando Giason1 dal Pelio2
     Spinse nel mar gli abeti,
     E primo corse a fendere
     Co' remi il seno a Teti;34
Su l'alta poppa intrepido
     Col fior4 del sangue acheo
     Vide la Grecia ascendere
     Il giovinetto Orfeo.58
Stendea le dita eburnee6
     Sulla materna7 lira;
     E al tracio8 suon chetavasi9
     De' venti il fischio e l'ira.12
Meravigliando10 accorsero
     Di Doride le figlie,11

N. B. Queste varianti sono state ricavate dal Giornale ecc. e dalla citata edizione de’ Versi dell’87. Cfr. il N. B. a p. 2.

3. E primo corse a rompere.

  1. 1. Giason: figlio di Esone, re di Iolco in Tessaglia, discepolo di Chirone e celebre come capo degli Argonauti, i quali partirono alla conquista del vello d’oro, ch’è considerata la prima spedizione navale. Amò, com’è noto, la maga Medea, figlia di Eeta re de’ Colchi, che l’aiutò a vincere tutti gli ostacoli che s’opponevano alla gloriosa conquista: ma poi l’abbandonò per amore di Creusa, figlia di Creonte re di Corinto. Cfr. i due poemi Argonautica di Apollonio Rodio e di Valerio Flacco, passim e Ovidio Metam. VII, 104 e 210; Properzio III, xi, 9 o II, xxiv, 45 Dante Inf, xviii, 96 ecc.
  2. Pelio: altissimo monte della Tessaglia, che Omero (Iliad. II, 741) chiama frondoso (cinosifullon: dalle foglie che si agitano), donde, secondo la tradizione, fu tolto il legname (abeti: metonimia comunissima: cfr., fra gli altri, Parini Od. IX, 14 e XI, 18) per costruire la nave de’ cinquanta Argonauti, che dalla città tracia da cui partí ebbe nome di Argo. Cfr. v. 18. Simile mossa lirica a questa ha Catullo (LVIII, 1): Peliaco quondam prognatae vertice pinus Dicuntur liquidas Neptuni nasse per undas.
  3. 4. Teti: figlia del cielo e della terra, dea del mare. Qui, con una specie di metonimia poco bella, per il mare stesso. Non è da confondersi con l’altra Teti, che fu madre di Achille. Cfr. Ovidio Metam. X, 226 e Amor. II, xiv, 14.
  4. 6. Col fior ecc.: Catullo op. cit., 6: lecti iuvenes, Argivae robora pubis.
  5. 8. Orfeo: mitico poeta tracio, introduttore di cerimonie religiose e di civiltà (cfr. Aristofane Rane 1032), figlio di Apollo e della Musa Calliope, che dicono vivesse un 12 o 13 sec. av. C. nel tempo dell’impresa degli Argonauti, cui partecipò e che avrebbe descritto in un poema di 384 esametri, ch’è invece del IV sec. dopo Cristo. Fu sposo amorosissimo della ninfa Euridice, dopo la morte della quale, disprezzò le altre donne tracie, che si vendicarono facendolo in brani durante un’orgia bacchica, e gettandone le membra nell’Ebro. Cfr. Ovidio Metam. X, 11 e Virgilio Georg. IV, 454. La sua lira venne collocata da Apollo fra le stelle. Cfr. Mascher. II, 148 e segg.
  6. 9. eburnee: bianche come l’avorio. Si noti che le mani d’Orfeo eran quello d’un giovinetto; e quest’epiteto non parrà piú, com’è parso al Finz., mal posto.
  7. 10. materna: avuta in dono dalla madre Calliope, una dello Muse. Cfr., per una locuzione simile, Orazio Od. I, xii, 7 e segg.
  8. 11. tracio: Orfeo era, com’è detto sopra, di Tracia.
  9. chetavasi: Tasso XVI. 13: «Tacquero gli altri ad ascoltarlo intenti; E fermaro i susurri in aria i venti».
  10. 13. Meravigliando ecc.: Catullo op. cit., 14: Emersere freti canenti e gurgite vultus Aequoreae monstrum Nereides admirantes.
  11. 14. Di Doride le figlie: le cinquanta Nereidi, figlie